Giuseppe Cirillo

Il  profondo e semplice significato di collegamento con la  natura

Associazione “Lino Agnini” - San Giorgio J. -  06.02.2005

 

 

Si dice che il bambino è il padre dell’adulto! Così dovrebbe essere qualora fossimo capaci di creare un continuo divenire del pensiero, a prescindere dall’età e dal tempo. Purtroppo così non appare essere perché  ciò che si dovrebbe poter creare è la obiettività e quindi la capacità di comprendere il già vissuto per ricercare il come dover vivere.

 

In questa affermazione entrano in gioco due riferimenti che possono essere identificati come dei caratteri valoriali personali: la individuazione di un “cursus vitae” soggettivo e soggettuale, e la capacità di saper interpretare il corso della vita per poterlo definire nell’ambito della contemporaneità per creare la civiltà e il way of living.

 

Ciò che poi distingue le società, ha sempre profondamente distinto, è la diversità delle culture e delle etnie. Si può essere bianchi, rossi, gialli, ma la misura della civiltà e della personalità rappresentano  i veri punti della diversità, del confronto e del riferimento tra uomini e tra società.

 

Si chiama naif (ingenuo) l’atteggiamento che spesse volte ci caratterizza, ma il termine è stato attribuito a quei pittori autodidatti che sono stati definiti, di volta in volta, artisti neo-primitivi, pittori popolari, pittori della realtà, artigiani del sogno, pittori dell’eterna domenica.

 

Il naif si caratterizza per la spontaneità primigenia e per una interpretazione disincantata della realtà, talora innocente, talora sognante, sempre comunque al di la di ogni movimento culturale e figurativo. Ma il naif appare arte espressiva e sincera, pur nella sua ingenuità, se è vero che naif sono stati Rousseau, Kandiskij e lo stesso Picasso.

 

Noi abbiamo il dovere di evidenziare i talenti e di creare dei riferimenti che non appartengano al rampantismo ed  all’ambizione, ma al modello di vita semplice della quotidianità e della comunanza in grado di caratterizzare lo sviluppo e non il potere temporale fine a se stesso. Cirillo è stato studente dell’Accademia delle Belle Arti di Lecce e lo ha fatto con quelle attitudini che caratterizzano certi valori innati della persona. L’argomento della sua tesi: “I Sassi di Matera” lo ha segnato ed ha segnato la sua ispirazione. Accade molto spesso che l’argomento della tesi sia in sintonia con il proprio mondo interiore e si viene segnati, o almeno si resta caratterizzati, in maniera profonda. La ricerca della mia tesi fu di saggistica, di introspezione psicologica, e su scritti di un ingegnere….guardate un po’!

 

Cirillo ha fatto della sua pittura una manifestazione vera della civiltà rupestre e contadina del suo tempo, quella civiltà fatta di sassi, di terra, di lavoro duro nei campi, di folklore, di donazione, di ringraziamento, di ricerca della bontà nel divenire dell’ambiente, delle cose che lo compongono e della stessa persona che ne è parte integrante..

 

Se non fosse stato un pittore sarebbe divenuto un novelliere!

 

Ecco, credo che la pittura naif di Cirillo abbia un profondo e semplice significato di collegamento con la semplicità della natura che, naturalmente, diviene  e impone un progresso che se per certi versi è libero arbitrio, per altri è definizione regolare dello stato medio di vita, per altri è dettato umano e morale di ricerca e di avanzamento sociale.

 

La ricerca: è un impegno di tutti, quasi un dovere dal quale dovrebbe essere difficile sottrarsi, e allora ecco che Cirillo, Giuseppe da questo momento, avvia la sua ricerca partendo dalla ammirazione per l’ambiente, un ambiente soleggiato, tipico del Mezzogiorno d’Italia, un ambiente agricolo fatto di terra, di sassi, di alberi, di mano d’opera, ma soprattutto di tanta fatica, bontà umana e dedizione.

 

Osservate i paesaggi,  sono dominati dalle tante case vicine, quasi addossate e di dimensione diversa: sembrano animate e quasi rannicchiate attorno ad una anima che ritrova la sua essenza nei lari invisibili, nelle forme diverse, nei colori di una tavolozza che appartiene alla natura, nel castello che troneggia, come una persona di riferimento, e dal quale si dipende per la esistenza di un liderato che da garanzia, fiducia, autorevolezza. Quelle case sono vive, sembra che si parlano tra di loro, come se fossero in piazza, e notate come, insieme, riescono a trasformare un insieme sociologico in un insieme psicologico.

 

La classe superiore in Giuseppe non è rappresentato dalle persone, ma dai luoghi, dalle case, in particolare, dal castello e dalla collina, o dalla terra stessa, cioè dai segni, dal segno che indica il percorso della storia e dell’uomo in quanto rimane eterno, così come il castello, la collina e i campi..

 

La collina, con la sua dimensione verso l’alto, racchiude un forte sentimento religioso che può anche tradursi in forte richiamo alla elevazione interiore, al miglioramento dello spirito: il solo impegno per il quale vale la pena vivere. La collina sembra voler abbracciare e proteggere tutto e tutti, anch’essa appare vitale e superiore.

 

Molto spesso le scalinate raffigurano questo agognato percorso dell’anima, lungo e difficile, e sono scale che si incastonano nell’habitat formato da case le più variegate, ma fortemente limitate entro i limiti di precise figure geometriche; case disposte in simmetria altitudinale che determinano una scala più ampia per salire in alto.

 

 C’è molta magia, molto essoterismo, nel senso del linguaggio interiore per pochi eletti, ma c’è anche molto ideale nelle opere di Giuseppe. Sembra di essere di fronte al tuo, al nostro passato, quello semplice che non c’è più, quello vero all’ombra del quale siamo cresciuti per affrontare sicuri il domani scientifico e tecnologico.

 

Dopo le case viene la campagna, di colore scuro, piena di linfa, non slavata dal tempo selvaggio, ma lasciata intatta dei suoi odori, del suo calore, della sua vita custodita e in continua fioritura. Ma l’uomo è bravo a tracciare dei solchi precisi, lineari, della stessa profondità, senza guida, ma con la perizia e l’abilità di chi in campagna ci andava da professionista vero e autentico. Chi non ricorda il potatore, l’innestatore, il tracciatore, il solcatore, il seminatore, il cavatore, e via di seguito. Erano le grandi professioni del passato che conferivano reputazione e stima ai nostri avi.

 

Giuseppe li ricorda bene questi eventi  e queste persone, come ricorda bene i copiosi e gustosi frutti di madre natura; a guardarli sembrano perfetti, si diceva sinceri, per evidenziare la loro bellezza e la loro gustosità: erano la ricchezza del passato, denaro sonante delle case padrone, riserva per tutto il vicinato durante i giorni difficili e di carestia. I più belli venivano portati in dono, quasi come ringraziamento, al padrone, o al Signore Iddio. Guardate con quanto amore il contadino, vestito a festa, si stringe il cesto tra le mani e il cuore prima di donarlo con orgoglio; anche le foglie sono parte integrante del frutto, così come durante la vendemmia: sembra un mondo di uva, rossa per quel nettare prezioso e rinomato. Il naif permette di far esplodere la forza dell’oggetto che vogliamo rappresentare. Quadri che sono interamente casa, interamente uva, interamente terra…

 

L’ambiente diventa un tutt’uno con il resto della vita, con l’uomo, ma anche con le abitudini, i costumi  di un popolo.

 

La donazione sembra chiudere un capitolo per iniziarne un altro, quello delle abitudini, delle ricorrenze. Quel dipinto della cuccagna è tutto un voler rappresentare abilità, forza e colore. Quelle delizie appese in alto erano l’agognata attesa di ogni giorno. Osservate il dipinto e ditemi se i colori non fanno rivivere l’evento come se fosse ancora attuale! Il matrimonio, vissuto come festa popolare da parte di tutto il paese.

 

Dal profano al sacro: la processione per le vie del paese e, in forte rilievo, l’appartenenza alla congrega religiosa che dava lustro al lavoratore dei campi e veniva ritenuto più stimabile  rispetto alle apparenze. Si, è una personale di ricordi e di vissuto che Giuseppe ripropone attraverso la capacità pittorica della sua ispirazione, e qui sento di doverle conferire una reputazione eletta per  quello che è riuscito a risvegliare in noi.

 

I colori sono i colori della terra, è un arcobaleno della natura e sono come le parole e per Giuseppe le parole sono delle dimensioni artistiche che evocano la storia e determinano la consapevolezza dei fatti e delle tradizioni in un ripensamento surreale della vita, della esistenza di ognuno di noi.